di Marco Taufer
Nell’anno del centenario dall’entrata dell’Italia nel conflitto della Prima Guerra, e nel 97° anniversario dell’arrivo dell’esercito del Regno d’Italia nella città di Trento, poco ci ricordiamo (o poco ci lasciano ricordare) degli eroi che con il loro contributo, e alcuni addirittura con le loro vite, hanno reso possibile la conquista del territorio che poi Mussolini soprannominerà “l’ultimo baluardo della lingua e della cultura italiana”, ossia la città di Trento.
Sul ponte dei Cavelleggeri, e posteriormente in piazza Duomo davanti al Nettuno, tra le colonne italiane marciava un personaggio di nome Muti Ettore. La nobiltà romana del cognome Muti ci descrive da sé anche la nobiltà d’animo di questo vero italiano.
Allora diciassettenne, Ettore Muti da tempo non era più un bambino, ma già un vero soldato con onorificenze da fare invidia a molti soldati con il doppio della sua età. Muti, infatti, ha cercato di arruolarsi nell’Esercito Italiano quando aveva solo quattordici anni. Il soprannominato da D’Annunzio come il “Gim dagli occhi verdi” (in riferimento agli attori americani allora già molto popolari) è stato citato dal Generale Luigi Cadorna, il quale ha affermato che “basterebbero venti soldati come Muti per vincere una guerra”.
Muti, dopo la Prima Guerra, ha aderito al movimento dannunziano che marciò a Fiume, ricevendo anche qui onorificenze. La sua trasparenza, il suo carattere forte ma gentile e onesto conquistavano la gente; e i suoi bei occhi conquistavano le donne. Muti ha combattuto, anche all’interno del Partito Fascista, una battaglia di trasparenza e onestà verso la povera gente.
Quando poi diventò Segretario Nazionale del Partito Fascista non si trovò a suo agio con i giochi del potere. Muti era un uomo d’azione, l’uomo della pratica; tanto che, combattute la Prima Guerra Mondiale, la Guerra Civile spagnola, la guerra di Abissinia (dove è stato uno dei primi a sorvolare Addis Abeba) e compiuta la marcia su Fiume, appena conosciuto Benito Mussolini, convinto delle sue buone intenzioni, aderì senza indugi ai Fasci di Combattimento di Ravenna. A Mussolini fu fedele fino alla morte, accaduta dopo il fatidico e vergognoso 8 settembre.
Muti fu un uomo di una volta, uno di quegli uomini che non conoscevano la paura e che vivevano l’amore e la passione intensamente e senza limiti. Questi uomini non ci sono più. In un momento in cui l’Italia soffre una crisi d’identità culturale senza precedenti, ci mancano uomini come Ettore Muti. Ci mancano quegli uomini che nei libri di scuola non appaiono, o semmai rimangono in secondo piano.
“Voi siete l’espressione del valore sovrumano, un impeto senza peso, un’offerta senza misura, un pungo di incenso sulla brace, l’aroma di un’anima pura” (Gabriele D’Annunzio riguardo Ettore Muti).
Alcuni riferimenti e fonti storiche sono stati adottati dalla biografia “Ettore Muti. Un eroe dimenticato” di Romolo Demarin.
Da La Spada di Damocle n. 4 – Novembre 2015