di Marika Poletti
Per Tacito la storiografia era da intendersi come la più alta forma di letteratura possibile e, come tale, non aveva la pretesa di vantare un fondamento epistemologico ma si concentrava sulla portata valoriale ed educativa delle gesta dei padri della Comunità.
“Historia magistra vitae est” e “Vae victis” sono tutt’ora concetti che ci aiutano a comprendere la storia non nella sua estrinsecazione esperienziale ma nel complesso delle dinamiche umane e sociali.
Sempre di sapore latino è la “damnatio memoriae”, meccanismo di negazione di accadimenti e persone finalizzato a cancellarne la portata storica. Classicamente uno dei maggiori esempi di questa pratica fu il trattamento che venne riservato all’Imperatore Nerone, un misto tra cancellazione e mistificazione: non solo molte sue statue vennero deturpate in volto ma si diede seguito ai cosiddetti rumores, quelli che ora chiameremmo “voci di corridoio”, che giravano tra i Senatori e che individuavano in tal Tigellino, presunto -forse- amante di Nerone, l’autore dell’incendio di Roma.
Piegare la storia serve per legittimare un presente artefatto e mistificato; quando non riesci a farlo perché la verità ti sta letteralmente scappando tra le dita come un mucchio di sabbia troppo fina, i falsari di professione cercano di negare o giustificare tutto, traviare la verità anche contro tutte le evidenze. Non serve andare troppo lontano per comprenderlo. Anzi, ne avremo una pronta riprova tra una manciata di giorni quando, come ogni anno, in qualche articolo anche di testate giornalistiche locali scapperà, tra una riga e l’altra, la più elementarmente grossolana e falsa definizione di foiba intesa come “cavità carsica dove vennero gettati i corpi di alcuni fascisti durante la Seconda Guerra mondiale”. Troppe bugie anche per una sola frase ma che passeranno quasi inosservate alle generazioni crescite con una cultura fatta a puntate per corrispondenza.
Ormai la storia è utilizzata come il vestito buono per ogni occasione, aggiustato su misura in sartoria per legittimare qualunque azione rientri nell’ambito di interesse del mandante del falsario. La distorsione siffatta diviene merce dozzinale dallo sgradevole sapore di un pezzo di ferro arrugginito quando arriva a toccare degli assurdi come paragonare i profughi trentini della Grande Guerra ai clandestini di oggi, parallelo fortemente promosso dalla sinistra al potere e dalle organizzazioni al loro soldo.
Così facendo la storiografia si allontana sempre più sia dai minimi criteri di un processo scientifico –divenendo una vera e propria invenzione- che dallo spessore letterario –considerato che di certi cani che vergano saggi storici ti domani dove abbiano potuto ottenere la licenza elementare-, per assomigliare sempre più all’appellativo che il ragionier Fantozzi utilizzava per definire la Corrazzata Potionkin.
Dopo aver riscritto la storia, ai falsari viene chiesta anche un’altra importante operazione: distribuire i patentini di licenza per poter ricordare o meno un determinato accadimento della storia patrìa, nel bene o nel male, e redigere un calendario delle ricorrenze, come una sorta di macabro e strumentalizzato calendario dell’avvento –dove il culmine non è di certo la nascita di Gesù ma la cessione della sovranità nazionale.
I censori della rettitudine sono soliti nel definire, per esempio, “nostalgici” coloro che non si adeguano al giudizio edulcorato di una parte della storia d’Italia creando così un simpatico cortocircuito nell’appellare in questo modo chi ritengono essere gli eredi del Ventennio fascista, momento storico sorto dalle ceneri dell’Italia dopo la Grande Guerra con il lievito futurista ed avanguardista. Tutto fuorché nostalgico.
Nella vita di tutti i giorni si pensa ad altro e chi si candida a rappresentare l’intera Comunità politicamente ed istituzionalmente viene pesato dai suoi concittadini con criteri diversi. Nondimeno però deve essere preservata l’integrità morale ed intellettuale di distinguere ciò che è vero dalla menzogna e garantire alle future generazioni la libertà di conoscere la nostra vera storia senza ripetere come dei ciechi amanuensi il prodotto confezionato dai falsari di professione. Un uomo libero, soprattutto se riveste ruoli di particolare esposizione, ha l’obbligo di rivendicare il diritto di avere un giudizio della storia diverso rispetto a quello a cui ci vorrebbero costringere dopo decenni di menzogne.
Abbiamo, in altre parole, la libertà di manifestare un nostro giudizio sui fatti oggettivi della nostra storia ed il dovere di ricordare quanto il pensiero unico vorrebbe nascondere sotto il tappeto.
Da La Spada di Damocle n. 7 – Febbraio 2016