Radici cristiane. La battaglia di Vienna

di Manfred de Eccher

La costruzione di un Europa dei Popoli, autorevole a livello internazionale e capace di valorizzare le proprie potenzialità, non può prescindere dall’affermare con forza le proprie radici cristiane. Negare le proprie radici comuni significa creare una casa senza fondamenta, significa creare un istituzione economica che mai potrà diventare soggetto politico autorevole e in grado di unire i Popoli europei. In quest’ottica credo sia importante recuperare e approfondire quegli accadimenti che hanno segnato dei passaggi importanti nella storia europea e la battaglia di Vienna è sicuramente uno di questi.

La battaglia di Vienna ebbe luogo l’11 e il 12 settembre 1683 e pose fine a due mesi di assedio posto dall’esercito turco alla città di Vienna. Questa battaglia campale fu combattuta dall’esercito polacco-austro-tedesco comandato dal re polacco Giovanni III Sobieski contro l’esercito dell’Impero ottomano comandato dal Gran Visir Merzifonlu Kara Mustafa Pasha, e fu l’evento decisivo delle guerra, conclusasi definitivamente con la firma del Trattato di Karlowitz. L’assedio di Vienna fu posto a partire dal 14 luglio 1683 dall’esercito dell’Impero Ottomano, composto da circa 140 000 uomini. La battaglia decisiva cominciò l’11 settembre, quando cioè si concluse il raggruppamento dei rinforzi dalla Polonia, comandati da Sobieski stesso, dalla Germania e dal resto dell’Austria, oltre alle forze presenti nella città. L’imperatore Leopoldo I si era rifugiato a Passavia, da cui dirigeva l’attività diplomatica (sostenuto dalla diplomazia del papa Innocenzo XI) indispensabile per tenere unito un esercito variegato in un momento tanto drammatico; di conseguenza i capi militari della città non esitarono a conferire a Sobieski il comando dell’esercito così composto:

◾30 000 polacchi al comando di Giovanni III di Polonia;

◾18 500 austriaci e italiani (toscani, veneziani e mantovani), al comando di Carlo V duca di Lorena e di Eugenio di Savoia;

◾19 000 franconi, svevi e bavaresi, al comando di Giorgio Federico di Waldeck;

◾9 000 sassoni, al comando di Giovanni Giorgio III di Sassonia.

In tutto quindi le forze europee contavano su 75/80 000 uomini, contro 140 000 ottomani che avevano invaso l’Austria. Le forze cristiane, appena arrivate, conoscevano malissimo il territorio, mentre i soldati all’interno della città erano mal ridotti a causa dei due mesi d’assedio. Buona parte dell’esercito ottomano aveva comunque una scarsissima preparazione militare, e alcuni contingenti ottomani (come i tartari e i magiari) parteciparono solo in maniera indiretta alla battaglia e all’assedio, limitandosi a saccheggiare i territori circostanti e a compiere incursioni. La battaglia dura tutto il giorno e termina con una terribile carica all’arma bianca, guidata da Sobieski in persona, che provoca la rotta degli ottomani e la vittoria dell’esercito cristiano: questo subisce solo 2.000 perdite contro le oltre 20.000 dell’avversario. L’esercito ottomano fugge in disordine abbandonando tutto il bottino e le artiglierie e dopo aver massacrato centinaia di prigionieri e di schiavi cristiani.

Ripartiamo dunque dalla nostra Identità senza paura di affermare quello che siamo, solo così potremmo costruire l’Europa che abbiamo sempre sognato, un Europa purtroppo molto diversa da quella che ci ritroviamo, inesistente sul piano piano politico, come dimostrano l’incapacità di gestire i fenomeni migratori e l’assenza di una vera politica estera comune, ma una macchina burocratica implacabile quando si tratta di imporre diktat finanziari agli Stati Membri.

 

Da La Spada di Damocle n. 4 – Novembre 2015

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