di Emilio Giuliana
Spesso e giustamente si ricordano gli anniversari di condottieri del 19° secolo, uomini che si rifacevano e riprendevano le tradizioni elleniche e della Roma imperiale. Però, stranamente non si riportano al cuore gli anniversari, di colui che di quelle tradizioni ne fu il naturale continuatore, l’ultimo imperatore del Sacro Romano Impero, sua maestà Carlo I d’Asburgo, morto il 1 aprile del 1922 all’età di 35 anni. Strenuo e avverso nemico della massoneria e dell’Alta Finanza Internazionale.
Nell’ambito delle iniziative culturali organizzate dal sodalizio Progetto Nazionale, associazione di respiro nazionale del quale ne è referente locale Emilio Giuliana, è stato realizzato il pellegrinaggio presso la tomba del già imperatore beato Carlo I d’Asburgo del quale le spoglie mortali riposano presso il santuario della Chiesa della Madonna del Monte nella città di Funchal nell’isola portoghese di Madeira.
Oggi più che mai tra confusione e disinteresse, episodi storici ed i suoi grandi interpreti vengono lasciati cadere nell’oblio. Nel recente passato, con la fine della prima guerra mondiale si è consumata l’epopea di un nobile casato, per 8 secoli grande protagonista per la storia dell’Europa e il mondo. Questi sono gli Asburgo. Per secoli i discendenti di questa famiglia furono imperatori del Sacro Romano Impero. Per volontà dell’italiano Teldado Visconti -eletto papa con il nome Gregorio X- nel 1273 Rodolfo d’Asburgo venne eletto Imperatore, da quella data in poi per gli Asburgo, tra alterne fortune, alterni imperatori di valore e non, ebbe inizio il gloriosa cammino sul trono più prestigioso del mondo.
Per buona pace dei nostalgici moderni revanscisti dell’impero austro-ungarico, che scherniscono e disprezzano l’italianità, va ricordata la vitale dipendenza degli Asburgo dall’Italia. Nel 1863, durante l’assedio ottomano di Vienna, quando tutto sembrava perduto, fu grazie all’apporto di contingenti militari italiani, veneziani, mantovani e toscani, e di validi comandanti italici, su tutti Eugenio di Savoia ed il grande predicatore frate Marco d’Aviano che la capitolazione asburgica fu evitata.
Brevemente e significativamente, ricordo che nella genealogia asburgica scorrette sangue italiano. Ad esempio, negli ultimi tre secoli trascorsi, l’Imperatore Leopoldo II d’Asburgo-Lorena sposò Maria Luisa di Borbone, detta anche Maria Ludovica nata a Portici. Il Figlio, l’Imperatore Francesco II nato a Firenze, sposò Maria Teresa di Napoli e Sicilia nata a Napoli. Loro Figlio Ferdinando I eletto imperatore sposò Maria Anna Carolina Pia di Savoia nata a Roma. L’Arciduca Francesco Ferdinando era figlio di Maria Annunziata Isabella Filomena Sebasia nata a Caserta. L’ultimo Imperatore Carlo I d’Austria era sposato con Zita Maria di Borbone-Parma nata a Capezzano Pianore.
Alcuni obbiettano, che Carlo I non si possa considerare imperatore del Sacro Romano Impero in quanto in periodo napoleonico, il 6 agosto 1806 l’imperatore Francesco II rinunciò al titolo, tenendo per se quello d’imperatore di Austria ed Ungheria. Di fatto, tale rinuncia non invalida di certo ciò che per discendenza realmente rappresentavano, gli Asburgo –l’inchiostro non è più prezioso del sangue-, dunque nella sostanza Carlo I era a tutti gli effetti imperatore del Sacro Romano Impero, l’ultimo per l’appunto. Francesco Giuseppe era identificato e chiamato Kaiser, tradotto dal tedesco all’italiano Cesare.
Un uomo di pace, che si trovò a dover fronteggiare una guerra che egli mai avrebbe voluto innescare, e che con tutti i mezzi cercò di far cessare. Risultato che mai ottenne, non per sua volontà o mancanza, ma perché chi aveva deciso di abbattere gli Asburgo, per perseguire i propri obiettivi non poteva fare altrimenti. L’Impero dei popoli era d’intralcio all’idea “illuminata” di Europa delle banche, Europa laicizzata. Se gli Asburgo non fossero stati detronizzati, oggi non si sarebbe potuto dar vita all’Europa dei trattati di Maastricht, Schengen e Lisbona.
Il “cammino” verso il beato Carlo I non è coinciso con qualche ricorrenza particolare, ma dalla semplice voglia di render omaggio ed onorare un uomo di pace, che non volle compromettersi, che morì coerentemente senza “tradire” il suo popolo, le sue idee, principi etici e religiosi.
Immaginavamo di non trovare sull’isola qualcosa che ricordasse l’Imperatore, ma neanche pensavamo di trovare una moltitudine di nastrini italiani (neanche uno austriaco) posti sul cancelletto che separa la Chiesa con la cripta dell’Imperatore. Pare che i nostalgici Schutzen oltre a chiacchiere e vanitosi atteggiamenti non facciano seguire fatti concreti.
Se interessati ad approfondire l’argomento, si possono consultare:
“Giuseppe II” e “Requiem per un impero defunto” scritti da Francois Fejto; “Ferdinando e Sofia la morte dell’Europa” autrice Elena Bianchini Braglia; “Romani e Longobardia” scritto da Paolo Possenti; “La vandea italiana” autore Massimo Viglione; “La Marcia di Radetzky” scritto da Joseph Roth.
Da La Spada di Damocle – Aprile 2016