di Francesca Tubetti e Federico Urizio
“Con l’espressione Muro di Gorizia è stata indicata dalla stampa una recinzione costituita da una base in calcestruzzo larga 50 centimetri sormontato da una ringhiera di un metro e mezzo costruita nel 1947 e collocata lungo il confine italo-jugoslavo passante all’interno della città di Gorizia.”
Con questa frase, la più famosa tra le enciclopedie libere consultabile su internet definisce la storia di una città erroneamente paragonata alla più famosa Berlino.
Gorizia la Nizza austriaca, Gorizia il simbolo delle battaglie per l’unità nazionale durante la Prima Guerra Mondiale, Gorizia una città che ha dovuto cedere il suo entroterra, Gorizia una città che ancora oggi soffre e cerca il luogo in cui portare il fiore del ricordo al proprio padre ucciso con la madre delle colpe, quella di essere ITALIANO.
“La storia che però oggi vogliamo raccontare” ci scrivono Francesca Tubetti portavoce provinciale di FdI e assessore alla cultura del Comune di Fogliano Redipuglia e Federico Urizio responsabile regionale di Gioventù Nazionale e Presidente provinciale del comitato 10 febbraio “non è quella della tragica morte nelle Foibe, ma quella della rivolta di una Città, di come un gruppo di uomini può cambiare il corso della storia, il popolo di Gorizia, tenace nella sofferenza e generoso nella riscossa”
“40 terribili giorni, quelli di maggio e giugno 1945, quelli dell’occupazione slava della città, giorni in cui persone, famiglie, preti, dipendenti comunali, militari chiunque avesse la grave colpa di essere italiano, finì nei progetti di riordino culturale del comandante partigiano Franco Pregelj, che grazie a questi 40 giorni si guadagnò l’appellativo di Boia di Gorizia.
Franco Pregelj e il suo IX Corpus, quando se ne andarono a seguito dell’accordo Alexander-Tito, lasciarono nei cuori dei goriziani la paura, uno strano senso di inferiorità, “ITALIA” o “ITALIANI” sembravano parole proibite che, pur palpitanti in tutti i cuori sembravano timorose di erompere e di diventare furia d’azione per la difesa della città, questo almeno fino a quel 5 agosto.
Un invito di dubbia provenienza e nazionalità aveva convocato per la mattina di domenica 5 agosto 1945 nella sala del cinema centrale numerosi giovani goriziani, non vi era un programma preciso, tanto che tale incontro era stato convocato da gruppi propendenti verso gli accordi italo-slavi, se non proprio decisamente filotitini, ma quella mattina in quella sala avvenne ciò che era più inaspettato. La maggioranza erano giovani ITALIANI.
Prende la parola Sergio Fornasir, guardiamarina della Regia Marina, egli rievoca ciò che la lega nazionale fu per i vecchi, baluardo di italianità e propone di formare un’associazione di giovani, un’associazione che raccogliesse quel retaggio culturale che fu della Lega Nazionale e che costituisca il centro vivo di italianità di Gorizia.
È l’atto di nascita dell’A.G.I., associazione giovanile italiana.
Fu nominato un comitato promotore, che si riunì per una settimana a casa Stecchina, fu redatto il manifesto programmatico e lo statuto dell’associazione “Italiani di sentimento e di nazionalità vogliamo continuare ad esserlo pure di cittadinanza. L’unico nostro punto fermo non politico ma morale; e su ciò non scenderemo mai a compromessi” nasceva così oltre le più rosee aspettative l’A.G.I., perché era necessario che nascesse e perché rappresentava la ribellione dei giovani ad una situazione insostenibile; era il primo colpo d’ariete al muro della paura che opprimeva Gorizia. Così fù, il 12 agosto la domenica successiva furono convocati i giovani goriziani sotto il chiaro nome dell’Associazione Giovanile Italiana. Si reggistrò una partecipazione altissima e gli interventi di Sergio Fornasir, Cino Chientaroli e Carlo Pedroni vennero tenuti in una sala per la prima volta, dopo quei 40 giorni di sangue, sotto un tricolore senza stella.
Da quella domenica l’A.G.I. cominciò la sua attività, la prima manifestazione di coraggio il 17 agosto per la fine della guerra contro il Giappone sfociata poi in violenza a causa dell’ira di una manifestazione filotitina per un tricolore alla finestra della casa della signora Rizzi, il 13 settembre al teatro Verdi al canto di “Suona la tromba..” alle ovazioni di “Va pensiero…”gridate fino in galleria che portarono il corrispondente del giornale slavo Primoski Dnevnik, livido e furibondo, ad uscire dal teatro, la voce clandestina “questa è la voce dell’Italia – qui Radio Giulia” seguita dall’inno del Piave che ogni sera fino al 24 novembre parlava di Patria e di coraggio, riuscì a riportare il 4 Novembre una Gorizia vestita di tricolore con vanto a festeggiare la vittoria ed a riprendere quella piazza troppo a lungo occupata dagli insulti e dalle grida titine.
L’A.G.I. ebbe sede in Corso Italia 36, nello stesso palazzo che fu per anni la sede di AN, e fu in quella sistemazione che riuscì a farsi protagonista nelle trattative di pace.
Nel clima di tensione dovuto agli attacchi di violenza slavo-comunista ed al coraggio italiano dimostrato dai ragazzi dell’A.G.I., prese stanza nel palazzo della Prefettura, già all’epoca affacciata su Piazza Vittoria, la commissione interalleata. Fu in quelle giornate, del 26 e del 27 marzo, che i ragazzi dell’A.G.I. fecero quello che nessun altro né prima né dopo riuscì a fare in questa città, la più grande, gloriosa e commovente manifestazione conclusasi nella fiaccolata del 27 marzo 1946, tutta Gorizia scese in piazza: vecchi, bambini, donne e uomini riempirono le vie cittadine e in direzione della finestra del Presidente di Zona avv. Hugues e del capo di Gabinetto dott. Capon gridarono “ITALIA ITALIA ITALIA”.
Con quella manifestazione l’A.G.I. rianimò ancor più i suoi cuori, il suo segretario il 24 maggio fu ricevuto a Roma dal Re e il suo presidente in ottobre dal Capo di Stato on. De Nicola; fu proprio in quei giorni che a Parigi si decisero le sorti della Venezia Giulia, infauste per Pola, Fiume, Zara e la stessa Trieste, ma quel pomeriggio del 10 ottobre 1946 sfociò nella gioia del popolo goriziano: Gorizia era ITALIA.
Fu così, in un susseguirsi di eventi contraddistinti dal coraggio di questi giovani, che il 16 settembre 1947 alle 12.55 sul Castello di Gorizia, per tre volte redenta, sale lentamente il Tricolore d’Italia.”
Un tanto per cronaca, a tutti quelli che ci insegnarono e insegnano il valore dei cuori.
Da La Spada di Damocle n. 7 – Febbraio 2016