di Redazione
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“I rifugiati, messi nella condizione di lavorare, potrebbero dare una grossa spinta anche in termini di creazione d’imprese e comunque andare ad entrare su posti di lavoro che non sono occupati da europei e darebbero la possibilità ai cittadini europei di dedicarsi a percorsi di carriera più in linea con le proprie aspettative.”
Carlotta Sami, portavoce e capo ufficio stampa e relazioni esterne per l’Europa meridionale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – UNHCR.
No, non si tratta di un estratto da un romanzo distopico orwelliano e nemmeno una citazione da un film fantascientifico. Che dietro la questione immigratoria ci fossero interessi economici oltre che culturali, a breve e a lungo termine, ci era piuttosto chiaro; ma sentirselo confermare in modo palese capirete che fa un certo effetto.
Nello specifico, ieri (3 giugno) è andato in onda un singolare servizio del TGR Trentino: si tratta di una breve intervista (il video è quello riportato qui sopra) di un giornalista a Carlotta Sami, portavoce di UNHCR per il Sud Europa e una fra i relatori del convegno “Migranti e rifugiati: esperienze e progetti a confronto” al Festival dell’Economia. Fatta qualche ricerca, si profila subito il personaggio: insomma, un’altra pasionaria o, come la definisce qui Il Giornale, “la nuova Boldrini”.
Ma andiamo per gradi: «[…] entrare su posti di lavoro che non sono occupati da europei…». Non vi ricorda una trita e ritrita filastrocca? “Fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare!”, con la differenza che ora al posto di italiani mettiamo europei.
Già l’anno scorso il Cinformi, Centro informativo per l’immigrazione del Dipartimento Salute e Solidarietà sociale della Provincia autonoma di Trento, aveva dato sfoggio delle sue capacità creative con degli indegni manifesti pubblicitari affissi in giro per la città, con tanto di sfottò per i trentini (articolo del quotidiano L’Adige del 2 giugno 2015). Uno in particolare recitava: “Gli stranieri ci rubano il lavoro!” …CHE I TRENTINI NON VOGLIONO PIÙ FARE. L’avvilimento che ne deriva non è descrivibile e non serve soffermarsi più di tanto su affermazioni simili di cui si abusa da anni.
Stavolta facciamo un passo in più nella nostra parafrasi. Questi intellettuali salottai del XXI secolo ammettono candidamente che non solo l’immigrato ci è utile perché si sorbisce il lavoro di ultima categoria, non solo pagherà le nostre pensioni, ma ci farà un regalo in più: dà la possibilità all’europeo di dedicarsi a percorso di carriera più in linea con le proprie aspettative. Manco fossimo negli Stati Uniti all’epoca dell’apartheid.
Ma voi dovete essere grati di questo! Dobbiamo esserlo tutti. Perché l’immigrato si sacrificherà per noi, accetterà il lavoro sottopagato, con turni estenuanti, magari rinuncerà anche alla sicurezza sul posto di lavoro e tutto questo per noi, così da poter inseguire percorsi di carriera più in linea con le nostre aspettative. Una società bi-classe: gli uomini da soma e gli uomini realizzati.
Ci sono molti segnali attorno a noi di ciò che ci riserva l’avvenire ed è importante imparare a leggerli. Un popolo può venire distrutto in molteplici modi, anche sotto i suoi occhi, senza pericolo che reagisca. Mentre lo si riempie di dolcetti e distrazioni, lo si convince a non fare più comunità, a non formare più famiglie, a non sentirsi parte di qualcosa. Gli si racconta che i confini sono superati, che le religioni sono delle carceri mentali, che la bandiera è solo un drappo per gli europei e i mondiali di calcio o per le esibizioni canore all’Eurovision Song Contest.
Gli si racconta che pure il sesso di appartenenza è un accessorio da scegliere giorno per giorno, che la lingua madre non serve a niente se vuoi essere qualcuno, che essere lavoratrice sarebbe meglio dell’essere madre. Che viaggiare in coppia o da single e felici è più divertente che avere figli per cui andare alle udienze scolastiche. Lo si convince che il proprio paese è sul tasto pausa, che per diventare qualcuno bisogna andarsene perché fuori sono migliori.
Ma la nostra terra muore, un pezzetto ogni giorno; non si svuota solo di risorse materiali, si svuota della gente, della SUA gente, che si sta perdendo per strada diventando talvolta mercenaria talvolta vittima di un mercato azionario al ribasso della dignità umana.