di Simone Marletta
Il presente testo di Antonio Venier, anche se un po’ datato , risale infatti al 1999, rappresenta a mio avviso uno strumento utile per capire meglio che cosa è realmente avvenuto in Italia in quel volgere di anni che caratterizza il passaggio dalla cosiddetta Prima Repubblica alla cosiddetta Seconda Repubblica.
Lo spartiacque fra queste due ”epoche” che, secondo i racconti dei giornali del tempo, avrebbe portato al passaggio dalla corrotta ed inefficiente Prima Repubblica alla più moderna e moralmente specchiata Seconda Repubblica, è costituito da quella inchiesta giudiziaria che va sotto il nome di “Mani pulite”, in cui un pool di integerrimi magistrati avrebbe svelato il marcio ed il malaffare del nostro paese, al solo scopo di ripristinare una situazione di legalità, per darci finalmente la possibilità di una vita democratica degna di questo nome. La tesi di Venier tende a smontare questa bella favoletta, che oggi, a quasi vent’anni di distanza, mostra tutti i suoi limiti, dimostrando, dati alla mano, come il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica abbia comportato l’inizio del declino economico della nostra nazione e formulando l’accusa precisa per cui dietro il paravento della lotta alla corruzione, “Mani pulite” sarebbe servita in realtà a togliere di mezzo tutti quegli esponenti della classe politica italiana che avevano dato prova di volersi opporre ad un progetto, portato avanti da centri di potere di livello internazionale, che avevano interesse a porre fine all’Italia come grande potenza industriale. Non a caso il testo di Venier è preceduto da una breve ma significativa introduzione di Bettino Craxi, che fu oggettivamente il capro espiatorio a quel tempo e che recentemente è stato da più parti riabilitato come uomo politico lungimirante, che in più occasioni aveva dato prova di indipendenza ed autonomia politica.
La tesi di Venier, in estrema sintesi, potrebbe essere così riassunta: la forza dell’economia italiana, precedente a questi drammatici fatti, consisteva nell’azione complementare fra grandi aziende pubbliche concentrate in settori ad elevato contenuto tecnologico ed imprese di piccole e medie dimensioni che, in gran parte, lavoravano per fornire componentistiche per le grandi imprese. La retorica dei giornali del tempo che definiva le industrie di Stato “carrozzoni” è stata funzionale secondo Venier a far digerire all’opinione pubblica italiana la loro dismissione, ovvero la loro privatizzazione a prezzi di saldo (Venier ricorda, fra gli altri, gli esempi di cessione in mano a privati, molto spesso stranieri, di settori fondamentali quali la siderurgia (ILVA) e la telefonia (TELECOM)).
La sistematica distruzione di queste aziende che ne è seguita, prosegue Venier, i privati infatti essendo interessati solo a realizzare profitti nel breve periodo, senza preoccuparsi dei necessari investimenti che servono per mantenere competitive le aziende che operano in settori ad elevata tecnologia sul lungo periodo, ha comportato non solo una crescita diretta della disoccupazione, ma, a cascata, ha messo in crisi le piccole e medie imprese, che da quelle grandi dipendevano. Le privatizzazioni inoltre, aggiunge Venier, hanno interessato anche il settore bancario (ed oggi ne vediamo gli effetti…).
In questo modo, dice Venier, l’Italia è diventata una nazione che produce beni a basso contenuto tecnologico, esponendosi così alla concorrenza dei paesi dell’Est Europa (ma aggiungiamo noi, oggi a questi si sono aggiunti anche paesi dalle enormi potenzialità come la Cina e l’India), una concorrenza al ribasso che vuol dire solo una cosa: abbassamento dei salari e distruzione dei diritti dei lavoratori, faticosamente costruiti nel corso dei decenni.
Per concludere mi preme segnalare come Venier si preoccupi di indicare con estrema precisione i protagonisti di questo progetto di distruzione dell’Italia come grande paese industriale che sono, solo per citarne i principali, Romano Prodi, Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi.
È giunto il momento di riscrivere la storia di quegli anni e magari sarebbe il caso di promuovere una commissione d’inchiesta su questi fatti per accertare responsabilità ed eventualmente punire chi si è macchiato di questi “crimini” contro il popolo italiano.
dalla Spada di Damocle – Luglio/Agosto 2016