Per non morire come schiavi

di Francesco Barni

Questo agghiacciante monito, paradossale e fuori da qualsiasi tempo, ci riporta alla mente epoche passate e molto molto lontane. Ecco perché ci si ritrova basiti ed increduli quando si vede scritta questa frase a caratteri cubitali su di alcune delle serrande abbassate dei principali negozietti dell’odierna Atene.

E la cosa più grave è che non si tratta della solita bravata frutto di un insensato ed irrispettoso vandalismo, bensì di un vera e propria denuncia popolare dell’attuale situazione socio-economica in cui versa la nazione ellenica.

Ma cosa sappiamo attualmente della situazione greca? Cosa è cambiato dopo il famoso referendum consultivo dello scorso anno? E soprattutto, è arrivata alla fine la lunga crisi che ha portato così tanta disperazione e confusione in questo Paese?

Andiamo con ordine: quando alla Grecia fu proposto a metà dell’anno 2000 di entrare a far parte dell’UE, i conti economico-sociali nonché pensionistici non erano affatto in ordine; magicamente, all’inizio del 2001, questi parametri si erano modificati, presentando l’idoneità necessaria. Tutto questo desta subito un grande sospetto e, pur restando in buona fede, dall’entrata in vigore della moneta unica per il glorioso popolo dell’Ellade sono cominciati i guai.

Potrà sembrare un caso, ma la somiglianza politica tra il nostro Paese ed il loro è disarmante: basti pensare che tra il 2000 e il 2015 si sono continuamente succeduti, il PASOK (partito di centro-sinistra) e la NEA DEMOKRATIA (il nostro centro-destra), passando per due governi tecnici imposti dalla Troika, al fine di sistemare i debiti contratti dallo Stato Greco nei confronti dell’Eurogruppo. All’improvviso nel 2015 il popolo, sovrano ma pur sempre sfruttato, decide di cambiare completamente faccia e non solo fa rientrare in parlamento la destra estrema di ALBA DORATA (con un ottimo 16%) ma fa anche vincere le elezioni ad una sinistra più socialista, quella di SYRIZA, quella di Alexis Tsipras.

Appena insediatosi il neo protipourgos (primo ministro in greco), sembra essere pervaso da una luce di speranza quasi divina e, attraverso slogan e proposte anche abbastanza realiste, propone un programma interessante basato sulla ridiscussione del debito contratto, aiutando però i ceti medio bassi e senza intaccare ulteriormente la democrazia greca.

Aspri dialoghi si succedono sino a quando l’Eurogruppo inizia a fare la voce grossa e chiede pesanti riforme tassatorie, pensionistiche, lavorative e persino turistiche. Sono momenti di forte tensione ma Tsipras non ci sta e, vedendo il proprio popolo allo spasimo decide di rimettere la decisione ai propri concittadini con un bel referendum consultivo, strumento di cui noi ormai abbiamo dimenticato il vero ed utile fine. La data di quest’ultimo viene fissata per il 5 Luglio 2015, e il quesito è molto semplice: “Volete voi assecondare le richieste di riforme generali proposte dall’Unione Europea così come sono state espresse?”. La risposta del popolo fu netta e con il 61,31% trionfò il fronte del NO, OXI in greco. Per la prima volta una popolazione unita si era opposta alla volontà dei plutocrati dell’UE per difendere la propria libertà.

Sembra proprio una bella storia a cui vorremmo apporre un lietissimo fine, ma così non è stato. Il primo ministro greco, con una mossa degna del più abile incantatore di serpenti, accettò con lievi modifiche la proposta dell’Eurogruppo, gettando nello sconforto tutti i suoi elettori… Basti pensare che nelle ultime elezioni del 2015 l’affluenza era scesa come non mai, fino a toccare il picco pià basso, cioè quello del 55,4 %, poco più della metà degli aventi diritto al voto.

Intanto la situazione – di cui più non si parla, forse per interesse, forse per paura, o forse ancora per menefreghismo – è sicuramente peggiorata. L’Iva è aumentata al 24% e ad inizio 2017 arriverà al 25; i prezzi della benzina restano i più alti d’Europa (1,69 sulla terraferma con picchi di 1,83 sulle isole), le pensioni sono state ridotte del 20 e in alcuni casi anche del 30%, il turismo è in calo costante, le bollette di luce-acqua-gas e forniture varie sono aumentate esponenzialmente e la disoccupazione ha raggiunto il 25%, senza contare quella giovanile che rischia di superare la metà dei giovani.

Tutto questo ovviamente condito da una crisi lavorativa senza precedenti, con un settore pubblico, in particolare quello sanitario, completamente disastrato. A questo proposito, aggiungiamo infine che in Grecia parecchie cure (dalle operazioni alle visite specialistiche, tac, trapianti ecc) sono comunque a pagamento.

Pensandoci bene nell’Atene classica del IV secolo la spina dorsale dell’economia era formata dalla categoria degli schiavi e il futuro che ci appare, guardandolo con gli occhi di un uomo di mezz’età appena brizzolato, è esattamente quello della sottomissione. Ma il popolo greco storicamente ci ha insegnato ad incassare i colpi, rialzarci e restituirli se serve, il tutto con impassibile, dignitoso ed eroico onore.

ALLA PATRIDA, ALLA DRACMA!

 

Da La Spada di Damocle di settembre 2016

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