Maria Sofia di Baviera

di Angelo Spinelli

“In ogni guerra, la questione di fondo non è tanto di vincere o di perdere, di vivere o di morire; ma di come si vince, di come si perde, di come si vive, di come si muore.”
(Junio Valerio Borghese)

Questo evidentemente lo sapeva bene la duchessa Marie Sophie Amalie von Wittelsbach, a noi meglio nota come Maria Sofia di Baviera, ultima regina consorte del Regno delle Due Sicilie andata in moglie al giovane Re Francesco II° di Borbone per motivi di alleanza politica e dinastica tra le potenti famiglie europee degli Asburgo e dei Borbone – Napoli.

Era sorella di un’altra famosa regina consorte, di quella famosa Sissi celebrata da tanta cinematografia che si distinse per il suo nulla interiore affatto edonista teso solo al culto della forma fisica e alla bellezza che ebbe la cattiva sorte di morire assassinata da un anarchico italiano pazzoide.

Maria Sofia no, lei fu una vera protagonista del suo tempo e con sua forte personalità lottò come una belva sino alla fine per affermare il suo diritto di tornare sul trono di Napoli a governare il suo Popolo ma per fare chiarezza su questa incredibile figura occorre innanzi tutto tener presente che come sempre accade, la storiografia del vincitore celebra le sue vittorie e pone un opaco velo d’oblio su quelle dello sconfitto e questa regola vale ovviamente anche per i personaggi storici.

Possiamo star certi che una donna come Maria Sofia in caso di vittoria delle armi napoletane sarebbe stata celebrata e ricordata come una sorta di santa salvatrice, come un’immortale madre della Patria per il contegno che seppe tenere nella guerra e nei giorni epici della difesa di Gaeta

Sposata nel 1859 al giovane e inetto Re di Napoli Francesco II° che la vulgata impietosa ribattezzò “Franceschiello “ fu prelevata nel porto austriaco di Trieste alla volta di Napoli da una formidabile  unità navale della marina da guerra napoletana  mossa da motori a vapore , la pirofregata “ Fulminante “ e la giovane regina  quando si imbarcò sull’avveniristico vascello aveva già studiato la lingua che avrebbe parlato nel suo regno coi dignitari di corte e col Popolo ma non volle mai impararne la lingua ufficiale , l’italiano, che ignorò per tutta la sua vita .

La Regina parlava infatti il dialetto napoletano , l’idioma del suo Popolo che ella volle apprendere a dispetto dei protocolli e di ogni cerimoniale e già questo la dice lunga sul carattere della straordinaria donna  che si fece subito ben volere dai napoletani, fossero dignitari  di corte o “lazzaroni “  dei porti e dei mercati , fossero generali ai vertici militari o miseri “ cafoni “ delle campagne  e quando gli eventi precipitarono e Garibaldi sbarcò a Marsala per recitare alla platea europea un soggetto già scritto a Londra , lei  trovò la sua dimensione ideale  in mezzo alla truppa, in prima linea.

A differenza dello sfortunato consorte poco incline al comando e rassegnato all’inevitabile, lei si battè sempre con coraggio e determinazione estrema stringendo alleanze, tessendo reti internazionali di resistenza e a quanto si dice anche tramando congiure ai danni dei Savoia che l’avevano aggredita.

Durante l’assedio di Gaeta , era nella Fortezza  a incitare i suoi artiglieri e a dirigere personalmente il tiro dei cannoni  contro i soldati di Vittorio Emanuele II° , a medicare i feriti e a offrire cognac , cioccolata e sigari ai suoi  esausti  combattenti , soldato tra i soldati e come scrisse di lei Arrigo Petacco Spericolata, amante del rischio e, non dimentichiamolo, pervasa da quella vena di eroica follia che animava tutti i Wittelsbach, la giovane sovrana si muoveva fra soldati e cannoni come un pesce nell’acqua”.

Fu sempre lei, durante l’ultimo combattimento di quella strana guerra, a Civitella del Tronto ad affermare pubblicamente “Piuttosto che stare qui, amerei morire in Abruzzo in mezzo a quei bravi soldati combattenti.
E fu ancora  lei , dopo che Francesco ebbe definitivamente gettato la spugna  a prendere contatto con i cosiddetti briganti , Carmine Crocco , Ninco Nanco  e molti altri incredibili personaggi  come il generale spagnolo José Borjes, il quale pose generosamente la sua spada e la sua vita al servizio  di un disperato tentativo di restaurazione e che pagò il massimo prezzo del suo idealismo di fronte al plotone d’esecuzione di quegli  stessi  bersaglieri che lo avevano catturato e che lui stesso , poco prima di morire volle definire “splendida truppa“.

Re Francesco morì esule nella città di Arco a cinquantasei anni e fu seppellito alla Collegiata, spogliato del regno, dei suoi averi, ricco solo della sua grande dignità e confortato dalla sua incrollabile fede cattolica.

Solo dopo la morte si seppe che quel gentile signor Fabiani che tutti i giorni si recava a messa fosse in realtà il deposto re delle Due Sicilie.

Maria Sofia morì a Monaco di Baviera nel 1925 ultraottantenne e durante la Grande Guerra, come ricorda lo stesso Petacco, amava recarsi in modo anonimo nei campi di prigionia austriaci dove erano internati i prigionieri italiani e le piaceva intrattenersi coi “suoi “napoletani, conversando con loro, chiedendo notizie di Napoli e del Meridione d’Italia e distribuendo cioccolata e sigari, come ai tempi dell’assedio di Gaeta. “Fra quei soldati laceri ed affamati, lei cerca i suoi napoletani. Distribuisce, come a Gaeta, bons bons e sigari “

Ora le sue spoglie riposano a Napoli nella basilica  di Santa Chiara, vicino a quelle del consorte Francesco e a quelle della loro figlia Maria Cristina morta ad appena tre mesi di vita e la memoria di quello che fu l’ultima regina del Regno delle Due Sicilie , forse la più maestosa tra tutte , sbiadisce e si stempera sempre più in un mondo attento a ben altre problematiche e distratto da troppi assordanti e volgari rumori di fondo ma è comunque bello  ed emblematico   per chiudere questo piccolo tributo ricordare il fatto che lo stesso  Gabriele D’Annunzio volle donare  questa grande protagonista  della storia patria l’affettuoso appellativo di “Aquiletta Bavara”.

Tutti noi ben sappiamo quanto poco il Vate amasse attribuire appellativi affettuosi ai tedeschi in genere.

Vogliamo fare nostre le parole della Le Pen che ha già indicato il futuro in caso di un suo arrivo all’Eliseo. “Il mio – ha detto la leader della destra – sarà il governo dei patrioti e degli uomini e delle donne che amano la Francia”.

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