di Gianni Stoppani
Ares, il Dio della Guerra nell’Olimpo greco. Ma anche il nome da usarsi nelle chiamate radio scelto da Andrea Adorno, unica Medaglia d’Oro al Valor Militare vivente dell’esercito Italiano. Alpino Paracadutista da Messina, il 16 luglio 2010 Andrea Adorno mitragliere – o meglio “minimista” come essi solitamente vengono chiamati all’interno delle squadre d’assalto – veniva gravemente ferito ad una gamba durante l’operazione “Maashin IV” a Bala Morghab nel nord dell’Afghanistan, in un’operazione di rastrellamento volta alla cattura di alcuni capi locali del movimento terroristico di Al Qaeda. Del proiettile nemico lì per lì non se ne accorge, Adorno. Continua a coprire la ritirata dei compagni caduti sotto un pesante fuoco nemico. E quando se ne accorge, continua lo stesso. Ferma i talebani, poi si accascia a terra, ormai troppo debole per la perdita di sangue. Due uomini del 9° parassalto “Col Moschin” lo aiutano. Verrà trasportato via in elicottero, operato dagli americani. E quindi in Italia. Da lì convalescenza, guarigione, rientro al reparto, sino alla medaglia d’oro, giunta inaspettata. La sua vicenda personale è diventata ora un libro assai ben scritto, fatto letteralmente a quattro mani con Gastone Breccia, professore universitario con un indubbio talento per la scrittura, soprattutto per quanto riguarda la storia e gli eventi militari e che ha raccolto la testimonianza del Caporale Maggiore che oggi presta servizio in terra siciliana. Testo agile, che ripercorre per brevi ma incisivi tratti gli anni dell’adolescenza di un membro per scelta delle nostre Forze per Operazioni Speciali, gli impegni operativi degli anni ’90 nella ex Jugoslavia, poi in Irak e Afghanistan. Niente retorica, qui. Il tono è chiaro e preciso, mai banale, né tantomeno retorico. Ma non per questo privo di spunti di riflessione sull’impegno delle nostre FF.AA. in luoghi che la maggior parte degli italiani difficilmente saprebbe trovare su un mappamondo. E su ciò che vuol dire rimanere lontani per mesi, non solo dall’Italia, ma dalla famiglia che ogni essere umano ambisce a formare, come sulle intime convinzioni che stanno alla base di simili scelte. Buono anche l’apparato iconografico, con immagini scattate in zona di operazioni e dove l’azione ebbe luogo. Nel complesso non solo un buon libro, ma innanzitutto un ‘bel’ libro. Vivamente consigliato.
Ares, il Dio della Guerra nell’Olimpo greco. Ma anche il nome da usarsi nelle chiamate radio scelto da Andrea Adorno, unica Medaglia d’Oro al Valor Militare vivente dell’esercito Italiano. Alpino Paracadutista da Messina, il 16 luglio 2010 Andrea Adorno mitragliere – o meglio “minimista” come essi solitamente vengono chiamati all’interno delle squadre d’assalto – veniva gravemente ferito ad una gamba durante l’operazione “Maashin IV” a Bala Morghab nel nord dell’Afghanistan, in un’operazione di rastrellamento volta alla cattura di alcuni capi locali del movimento terroristico di Al Qaeda. Del proiettile nemico lì per lì non se ne accorge, Adorno. Continua a coprire la ritirata dei compagni caduti sotto un pesante fuoco nemico. E quando se ne accorge, continua lo stesso. Ferma i talebani, poi si accascia a terra, ormai troppo debole per la perdita di sangue. Due uomini del 9° parassalto “Col Moschin” lo aiutano. Verrà trasportato via in elicottero, operato dagli americani. E quindi in Italia. Da lì convalescenza, guarigione, rientro al reparto, sino alla medaglia d’oro, giunta inaspettata. La sua vicenda personale è diventata ora un libro assai ben scritto, fatto letteralmente a quattro mani con Gastone Breccia, professore universitario con un indubbio talento per la scrittura, soprattutto per quanto riguarda la storia e gli eventi militari e che ha raccolto la testimonianza del Caporale Maggiore che oggi presta servizio in terra siciliana. Testo agile, che ripercorre per brevi ma incisivi tratti gli anni dell’adolescenza di un membro per scelta delle nostre Forze per Operazioni Speciali, gli impegni operativi degli anni ’90 nella ex Jugoslavia, poi in Irak e Afghanistan. Niente retorica, qui. Il tono è chiaro e preciso, mai banale, né tantomeno retorico. Ma non per questo privo di spunti di riflessione sull’impegno delle nostre FF.AA. in luoghi che la maggior parte degli italiani difficilmente saprebbe trovare su un mappamondo. E su ciò che vuol dire rimanere lontani per mesi, non solo dall’Italia, ma dalla famiglia che ogni essere umano ambisce a formare, come sulle intime convinzioni che stanno alla base di simili scelte. Buono anche l’apparato iconografico, con immagini scattate in zona di operazioni e dove l’azione ebbe luogo. Nel complesso non solo un buon libro, ma innanzitutto un ‘bel’ libro. Vivamente consigliato.