di Angelo Spinelli
In questi giorni d’agosto cade il centocinquantesimo anniversario della fine della Terza Guerra d’Indipendenza, una guerra che durò poco meno di due mesi, dal 20 giugno al 12 agosto del 1866 e vide le truppe del neonato Regno d’Italia e gli oltre 35.000 volontari di Garibaldi combattere gli austriaci per la conquista del Veneto e di parte del Tirolo.
Il Regno d’Italia si era alleato alla Prussia di Bismarck.
Questa breve e poco brillante guerra portò tuttavia all’Italia il Veneto per effetto della mediazione francese e viene ricordata principalmente per tre sommi capi, quelli di Custoza, Lissa e Bezzecca.
Custoza fu la sconfitta di La Marmora a terra, Lissa fu la sconfitta dell’ammiraglio Persano in mare e
Bezzecca fu la vittoria di Garibaldi pur privato di molti dei suoi validi ufficiali confluiti nei ranghi del Regio Esercito.
Celebre fu la sua lapidaria risposta al dispaccio n° 1073 inviato da La Marmora il 9 agosto, “Obbedisco”, ma poco nota è la storia dei fatti d’arme di Borgo e Levico che videro protagonisti i fanti del XXVIII ° Reggimento della Brigata “Pavia” al comando del generale Giacomo Medici anche lui ex garibaldino.
Medici comandava 4 reggimenti di fanteria, 2 battaglioni di bersaglieri, 2 squadroni di lancieri, 3 batterie e una compagnia del genio, ma fu il XXVIII° Reggimento che scrisse questa bella pagina di Storia.
Il 22 luglio Medici occupò Primolano e varcò il confine con l’Impero d’Austria – Ungheria muovendo alla volta di Borgo Valsugana la quale venne espugnata la mattina del 23 e forti di questo successo, i bravi fanti continuarono l’avanzata verso Trento, sempre a piedi , praticamente senza rancio, consumando solo poche vivande frugali quasi senza soste e fu in questo modo che la sera dello stesso giorno il XXVIII° raggiunse Levico Terme.
Qui, l’abile generale si rese immediatamente conto che occorreva prendere anche questa città ma che bisognava farlo in fretta , con grande decisione e con forte effetto sorpresa e possibilmente risparmiando pallottole e polveri, l’idea matta di prendere Levico all’arma bianca era legata a un’altra idea altrettanto ardita e inedita, quella di combattere di notte, al buio.
Ottimi furono quegli ufficiali che seppero tenere gli uomini “alla mano“ in ogni momento della battaglia e ottimi ed eroici furono i fanti che seppero sbaragliare gli occupanti austriaci senza mai rispondere al fuoco , come era stato loro ordinando ma solo caricando con grande sangue freddo il nemico alla baionetta .

La mattina del 24 su Levico garriva il Tricolore e sulla Bandiera di Guerra del XXVIII° Reggimento brillava la Medaglia d’Oro, alto e solenne riconoscimento a tanta bravura.
Nei tempi a venire il XXVIII° Pavia avrebbe avuto modo di distinguersi in altri notevoli episodi .
L’8 agosto del 1916 fu un piccolo reparto d’assalto del XXVIII° al seguito del tenente Aurelio Baruzzi a entrare , primo in Gorizia e in quell’occasione i nostri fanti catturarono oltre trecento soldati austriaci, conquistarono la stazione ferroviaria e issando su essa il Tricolore si meritarono per sempre l’appellativo di “ Verdi di Gorizia”.
Il Reggimento suggellò nel sangue il suo motto a El Alamein , dove venne praticamente annientato dai carri armati di Montgomery combattendo a fianco dei paracadutisti della leggendaria Divisione Folgore ma venne ricostituito nel dopoguerra come ente addestrativo e da pochi anni è entrato a far parte delle Forze Speciali come unità PsyOps , operazioni psicologiche e comunicazione operativa , quei reparti che per la loro specificità si fregiano del cavallo degli scacchi , pezzo strategico della scacchiera e unico nel suo genere, ma a tutt’oggi, nello stemma araldico del XXVIII° Reggimento Pavia c’è in alto a sinistra lo stemma comunale della Città di Levico a ricordo dell’antico fatto di un secolo e mezzo or sono.
Lo scorso 23 luglio era sabato e i Verdi di Gorizia erano ancora a Levico a scoprire una targa a ricordo e a tributare onori militari ai Caduti Austro Ungarici , ai Caduti di Levico e naturalmente, ai loro Caduti.
“Ardeam Dum Luceam!”