di Simone Marletta
Questo mese vorrei suggerire la lettura di un’opera a mio avviso molto importante, pur nel suo carattere divulgativo. L’opera in questione è Il denaro Sterco del demonio di Massimo Fini. In questo testo Fini ripercorre la storia del denaro, che è qualcosa che bisogna tenere distinto dalla moneta, che ne è solo il supporto fisico. Per Fini il denaro, nel corso della storia dell’umanità, da semplice mezzo, da strumento nelle intermediazioni, è divenuto fine. È questo del resto, secondo lui, il destino comune a tutto ciò che ha una natura “tecnica”: l’uomo pensa di poterlo utilizzare a proprio piacimento, pensa di esserne il signore e poi, a poco a poco, ne diventa invece lo schiavo.
Il testo di Fini è a metà strada fra opera filosofica e storica, perché accanto alla riflessione generale sulla natura del denaro, sulla sua essenza metafisica, in quanto il suo valore è qualcosa che trascende il piano fisico, l’autore ripercorre l’avvicendarsi storico delle diverse forme di economia. Da quella antica Fini passa a descrivere quella medievale, in cui l’importanza del denaro praticamente scompare, per cause tanto “materiali”, quali la contrazione dei commerci, quanto “spirituali”, per via della condanna da parte del cattolicesimo medievale contro le attività di commercio e, ancor di più, verso le attività di prestito ad interesse, in cui il denaro genera “diabolicamente” altro denaro. Infine si giunge alla modernità in cui progressivamente il denaro trova le condizioni propizie per espandere a pieno tutte le sue potenzialità, realizzando compiutamente la propria natura tautologica ed autoreferenziale.
Diversi fenomeni per Fini hanno reso possibile questo risultato finale. Fenomeni diversi eppure convergenti. Da un lato la rivoluzione scientifica, che ha despiritualizzato il mondo, riducendolo a pura materia e meccanismo. Dall’altro la riforma protestante che, soprattutto nella sua variante calvinista, ha dato la sua benedizione ad ogni attività di speculazione e di arricchimento senza misura, vedendo in esse addirittura un segno dell’elezione divina. Infine, strettamente legato ai precedenti, la nascita del capitalismo monetario moderno in cui il fine della produzione non è più quello dello scambio di beni necessari alla sussistenza dell’uomo, ma il fine diventa il guadagno in sé, ossia l’accumulo di denaro, in una spirale che, per definizione e dato il carattere “metafisico” del denaro, non può mai giungere ad una conclusione (di qui rileva Fini i fenomeni di induzione artificiale di nuovi bisogni, l’“obsolescenza programmata” dei prodotti, ecc..). C’è poi per Fini un altro elemento fondamentale che viene introdotto nella modernità e che qui vorrei richiamare: la rivoluzione del tempo. Prima, nell’antichità e nel medioevo, il tempo prevalente in cui le persone vivevano era quello del presente, era il tempo circolare dei ritmi naturali, ora invece, attraverso un processo di secolarizzazione del tempo cristiano, il tempo per eccellenza diventa il futuro. Ed è su questa ansia del futuro, su questa perenne inquietudine che farà le sue fortune il capitalismo moderno.
Ecco quindi che nell’economia finanziarizzata moderna, nella età delle borse, il denaro può finalmente assumere a pieno la sua natura propria. Peccato che il prezzo da pagare sia stato quello della distruzione dell’umanità, intesa nel senso più alto che ha questo termine, e dell’instaurarsi di un mondo in cui tutto ha un prezzo (vedi utero in affitto…).
In quest’opera, in conclusione, io vedo raccolti una serie di temi critici fondamentali, qui rapidissimamente accennati, per tutti coloro che intendono lottare contro la dittatura dei tecnocrati, siano essi i funzionari che lavorano a Bruxelles, siano essi i passacarte che siedono nei parlamenti delle nazioni europee (Roma inclusa naturalmente). Massimo Fini prosegue in quest’opera quella attività di demolizione di alcuni pregiudizi moderni e progressisti che aveva intrapreso in un suo precedente lavoro altrettanto illuminante: La ragione aveva torto?. Buona lettura!
Da La Spada di Damocle – Aprile 2016